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Questa è una storia andata, sfatta, falsa come il tempo che copre i misfatti e gli inganni umani e falsa anche come la parola che ogni tanto vorrebbe risistemare i cocci in frantumi: reliquie e doppioni e buona coscienza, per quelli che vengono dopo e s'inventano la verità!

Questa è una storia piccola di quando nel paese non c'era niente: solo il nome forse, e meno di 300 anime, in quegli anni di Medioevo e di illusioni (non dico superstizioni: esse non fanno parte del Passato, semmai intristiscono il futuro mentendosi in false ideologie, spreco inutile per noi moderni che già sprechiamo troppo di tutto!), solo verde e boschi e alture che dirupavano acqua e fango verso il pianoro della Postumia e poche case: comunque più chiese che case a San Martino in quella lontana primavera della fine del 1300.

Questa è una storia inesistente: non varrebbe neppure la pena di ricordarla, non fosse che una volta tanto i cupidi i disonesti i fraudolenti non stanno in alto: qualche volta - è raro: vero?- anche i poveri cani sono ladri e delinquenti: che enormità!

Questa è la povera storia di Filippo, contadino e scopritore di reliquie e di santi: gli andò male e finì sul patibolo!

 

Paolo Tricario.

 

 

A cura di Sergio Spiazzi

 

Storia di Filippo e di San Giacomo

 

Tra S. Martino ed il Vago, su un'altura staccata dalle ultime propaggini dei monti Lessini, in posizione strategica sorge la chiesa di S. Giacomo. La stranezza, per il visitatore, è rappresentata dall'edificio religioso gotico non concluso.

La storia comincia intorno al 1395 sul colle chiamato Grigliano (griglio, grezzo... cioè incolto), si rinvenne, vicino alla torre campanaria della vecchia chiesetta, un'urna con le presunte spoglie dell'apostolo San Giacomo. Gli storici veronesi nel ricordare il fatto non si trovano concordi nelle date da attribuire. Infatti gli anni indicati variano tra il 1393 ed il 1397, collocando il 22, 24 o 25 maggio come giorno del ritrovamento delle presunte spoglie.

 

Il Dalla Corte (storico veronese) nella sua "L'Istoria di Verona" (1592), narra con toni alquanto romanzati gli avvenimenti del ritrovamento che avvenne: "Nel vigesimo quarto giorno del mese di Maggio, che zappando un certo contadino chiamato Filippo sul nostro Monte di Grignano, che è cinque miglia discosto dalla città, scoperse a caso una bellissima, e molto antica sepoltura, nella quale, come per alcune lettere, che sopra quella erano intagliate, si conobbe, benché fossero alquanto dalla vecchiezza consumate, esservi riposti i Santissimi corpi de gloriosi Apostoli Iacopo e Filippo: il che subito, che si seppe nella città, e nei luoghi circonvicini, corse là una infinita moltitudine di persone a visitare quei Santissimi corpi, delle quali molte, che da diverse incurabili infirmità erano oppresse, essendovi devotamente a quei santi avotate, furono miracolosamente liberate".

 

Nei giorni successivi crescendo il numero dei devoti e delle offerte, con il consenso del Vescovo, si decise l'erezione di un santuario sul luogo del ritrovamento.

Il Dalla Corte continuando nella narrazione scrive: "Il vigesimo sesto (26) giorno di luglio (1397) dopo l'essersi cantata solennemente una devota messa per lo Vescovo di Piacenza, che in quei di per certi suoi affari si ritrovò a Verona, le diedero con gran concorso di popolo cominciamento ponendo con gran devozione il detto Vescovo la prima pietra".

 

La data dell'inizio della costruzione è comunque incerta come per la data del ritrovamento, mentre per il progetto della chiesa gotica a cinque absidi si fa il nome dell'architetto Nicolò da Ferrara, progettista a Verona della torre del Gardello  e della Cappella Spolverini - Dal Verme in Santa Eufemia.

Nei mesi successivi S. Giacomo fu visitato da una grande moltitudine di fedeli ed infermi che offrivano doni votivi per ottenere guarigioni e "grazie".

 

Le note storiche ricordano la visita del Vescovo di Chioggia che, miracolato, celebrò una messa di ringraziamento alla quale fra le tante persone "si ritrovò la signora Contessa (Antonia) figliola del signor Bernabò Visconte, che il giorno innanzi era giunta a Verona accompagnata da alquante gentildonne Milanesi, per visitare anche essa questi Santissimi corpi, desiderosa d'impetrare per mezo loro gratia da una divina Maestà di essere liberata d'una incurabile infermità, che Havea".

Filippo di Lavagno scopritore e custode delle reliquie dei santi Giacomo e Filippo, dei tesori e delle ricche offerte "giudicando, che se havesse portato quei corpi in altri paesi, ne havrebbe cavato grande utile, deliberò di rubargli, e d'andarsi con Dio con quelli".

Per tale proposito Filippo si confida con tale Garello, proponendogli il piano e la divisione del bottino, ma Garello, narra sempre il Moscardo, "benché contadino fosse, dell'onor suo, non solo non acconsentì a quanto era stato da Filippo richiesto, ma ancora il riprese agramente, e con molte parole si sforzò di rimoverlo da quel suo scelerato pensiero...", allora Filippo cercò un altro compagno ed insieme, decisi nel piano sacrilego, ammazzarono Garello e poi di nascosto lo seppellirono.

La notte successiva (10 dicembre 1396) i due furfanti tolsero "i beatissimi copri dalla sepoltura, e postigli in alcuni panni lini, cha a quelli erano stati offerti, e tolte insieme tutte quelle più ricche, e pretiose cose, che poterono portare, vennero alla porta per uscirfuora, quando si levò così brutto, e spaventoso tempo di venti, tuoni, saette, e pioggia mescolata con tempesta, che non fu mai possibile, che potessero uscire, e tante volte quante s'apprestarono alla porta per uscire altre tante dalla furia dei venti furono risospinti adietro".

Intanto i rumori dei venti e dei tuoni svegliarono gli altri guardiani, i quali si rifugiarono spaventati in chiesa per pregare e, trovando i ladri con le mani nel sacco, si fecero restituire le spoglie dei santi e le preziose reliquie lasciandoli andare "senza fargli nocumento alcuno".

Dopo diversi mesi Filippo fu arrestato per altre malefatte, assieme a due compagni, dal Capitano Ziletto de' Ziletti da Milano a Veronella e condotto in città confessò diversi delitti, compreso quello di Garello.

 

Infine per ordine del Podestà Spineta de Spinolis, fu "insieme co' compagni strascinato a coda di cavallo il duodicesimo giorno di giugno dell'anno che seguì (1397) fino a Tomba, e quivi impiccato".

 

La storia di Filippo termina, ma non quella della Chiesa di S. Giacomo che nel 1407 era già in gran parte costruita nella zona presbiteriale. Successivamente, accanto all'edificio religioso fu costruito un convento per i custodi del Santuario (poi monaci Benedettini e successivamente Olivetani).

 

Nel 1411 il Consiglio dei Dodici di Verona incarica quale Rettore di S. Giacomo, Pietro Bertolini, al quale è lasciata l'amministrazione delle elemosine per la prosecuzione dei lavori della chiesa.

Ma poco dopo, il Pontefice Gregorio XII pose delle riserve sulla autenticità delle spoglie dei santi e sui miracoli avvenuti, contribuendo quindi a far diminuire l'entusiasmo, il fervore religioso e le donazioni in denaro, fino alla chiusura del cantiere.

 

Successivamente la parte costruita viene tamponata e chiusa proprio come appare oggi ai nostri occhi. Del resto bisogna dire che negli anni successivi al ritrovamento dei corpi dei Ss. Giacomo e Filippo, in molti misero in dubbio la loro autenticità, visto che il corpo di S. Giacomo Apostolo era già da anni venerato nella città di Compostella in Spagna.

 

Sergio Spiazzi